Fotografia digitale all'Infrarosso

23 Novembre 2006

Sei il visitatore numero


Seconda parte.   Problematiche connesse alla fotografia all'Infrarosso



L'inquadratura

Quando ci accingiamo a fotografare con una fotocamera di tipo TTL (a pellicola o digitale) il primo problema che dovremo risolvere sarà quello di vedere la scena inquadrata perché, come abbiamo appena spiegato, per realizzare uno scatto ‘IR’ bisogna ‘bloccare’ tutto quello che normalmente vediamo. L’unica alternativa che abbiamo se stiamo utilizzando una reflex e’ quella di dotarci di un mirino esterno o di rimuovere ogni volta il filtro IR: efficace ma a lungo andare si rivela piuttosto scomodo.

Per questo tipo di applicazione si rivelavano ottime le vecchie fotocamere biottiche come la Rolleiflex, quelle a telemetro tipo la Leica nel piccolo formato, o Fuji o Mamiya nel medio formato (6x9 o 6x4.5 la prima, 6x7 la seconda), oppure le compatte digitali che affiancano un blando mirino ottico all’ottica da ripresa.



Nikon FM con il filtro Hoya R72 montato sull’obbiettivo


Mirino aggiuntivo da montare sulla slitta flash per facilitare l’inquadratura quando sull’ottica e’ presente il filtro IR



Compatta digitale: in alto a destra c’e` il mirino ottico che permette di traguardare la scena inquadrata anche se,
come nel nostro caso, davanti all’ottica abbiamo montato il filtro IR



L'esposizione

I sensori esposimetrici delle fotocamere non sono progettati e tarati per fornire delle letture corrette anche al di fuori dell’intervallo di luce visibile, per cui bisognerà fare un po’ di prove per capire se la loro curva di risposta e quella del sensore CCD (o pellicola) corrispondono.

Una pratica abbastanza diffusa in questi casi e’ quella del ‘bracketing’ o ‘esposizioni a forcella’, dove si esegue lo stesso scatto con delle sovra/sotto esposizioni volute in modo da poter scegliere a posteriori il risultato migliore.

Il digitale semplifica questa operazione perche` dopo lo scatto noi potremo visualizzare sulla fotocamera l’istogramma della ripresa effettuata valutando la correzione migliore da applicare.

Altro fattore da tenere in considerazione e’ che normalmente i tempi di esposizione per uno scatto in luce infrarossa sono sempre piu` lunghi di ¼ di secondo, rendendo il cavalletto uno strumento indispensabile pena uno scatto completamente mosso ed inutilizzabile. Data la necessita’ di usare tempi lunghi, questo riduce i soggetti fotografabili in luce infrarossa a quelli prevalentemente statici (a meno di non usare il mosso per scopi pittorici, ovviamente). Come vedremo nel seguito pero’ la combinazione di sensori digitali alquanto sensibili alla radiazione IR piu’ modifiche applicate alla macchina fotografica digitale hanno eliminato questo vincolo: e’ possibile oggi fotografare in digitale ed in infrarosso con tempi anche di 1/250 di secondo. Questo amplia notevolmente il campo di applicabilita’ di questa tecnica.



Infrarosso digitale con filtro IR in esterno: svantaggi


In questo caso la macchina non subisce alcuna modifica e si applica molto semplicemente un filtro IR davanti all’obiettivo. Nonostante la presenza dell’hot-mirror davanti al sensore una piccolissima parte di radiazione IR raggiunge comunque il sensore e quindi della fotografia IR si puo’ fare. Dato che la macchina non e’ stata modificata puo’ sempre fotografare in luce visibile. Il problema con questo approccio e’ che proprio a causa del filtro hot-mirror il tempo di esposizione si allunga enormemente e per esempio passa da 1/250s a 1/2s ! (Nota: Con macchine come la Canon 1DsMkII che hanno un filtro hot mirror particolarmente potente i tempi di esposizione si prolungano enormemente, raggiungendo spesso i 20-30 secondi).

La differenza e’ chiara: in un caso puoi scattare a mano libera mentre nell’altro e’ obbligatorio l’uso del cavalletto. Questo sarebbe accettabile sotto un certo punto di vista in quanto anche nella fotografia analogica ci si e’ abituati a tempi lunghi. Il problema molto grave nel caso del digitale e’ che questi tempi lunghi provocano un sensibile aumento del rumore, con relativa creazione di grana inaccettabile sul fotogramma. Mentre quindi nel caso della fotografia analogica si era costretti ad usare tempi lunghi ma i negativi venivano molto puliti, nel caso del digitale la presenza dell’ hot-mirror ha come conseguenza tempi lunghi (anche 30 secondi in giornata luminosa!) ed aggiunge inoltre del rumore digitale peggiorando la qualita’ dell’immagine.

La presenza di questo filtro e’ anche la causa di un fenomeno di riflessione interna che e’ noto come hot-spot. Questo si presenta come un area di forma vagamente circolare situata al centro del fotogramma che e’ fastidiosissimo, non controllabile in fase di ripresa, ed estremamente difficile da rimuovere in Photoshop successivamente.



Problema di Hotspot con la Nikon Coolpix E5000 e filtro esterno Hoya R72
(AF Auto t:½s f:4,5 400iso Zoom 21,4mm 16/7/06 h15:30)



Problema di hotspot con Canon 1DsMkII con filtro IR B&W.
Obiettivo Nikon 55mm. Stesso fenomeno si ha con zoom Canon 16-35mm USM L e molte altre lenti della serie L.



Prendendo ad esempio il caso descritto, abbiamo riscontrato che con la Nikon E5000 il fenomeno degli hot-spot diventa più visibile con lo zoom in posizione 21mm (massima estensione), con diaframmi molto chiusi o in situazioni di forte irradiazione IR. Disponendo di una fotocamera digitale modificata i tempi di esposizione si accorceranno notevolmente perche` la sensibilita`aumenta di circa 8EV portandoci da tempi di scatto dell’ordine del 1/2s a tempi di 1/250s con innegabili vantaggi anche per questo fastidioso fenomeno.

Nel caso della Canon 1DsMkII il fenomeno degli hot spots varia con l’obiettivo ma anche, a parita’ di obiettivo, con l’orientamento della luce e la quantita’ di radiazione infrarossa presente nell’immagine. E’ quindi di difficile (se non impossibile) controllabilita’. Ci sono un certo numero di regole empiriche che si possono seguire, pero’:

1. Obiettivi a focale fissa sono da preferire ad obiettivi zoom.

2. Obiettivi poco luminosi sono da preferire ad obiettivi piu’ luminosi.

3. Obiettivi con il segno rosso sul barilotto che indica che la lente e’ usabile nella banda infrarosso danno piu’ garanzie (ma nessuna certezza assoluta, in quanto abbiamo trovato esempi del contrario) di essere piu’ immuni al fenomeno degli hot spots.



La messa a fuoco

Spiegazione semplificata

La luce infrarossa mette a fuoco su un piano leggermente deviato rispetto a quello della luce visibile, per cui dopo aver messo a fuoco come di consueto dovremo effettuare una correzione.

Le ottiche migliori hanno un punto rosso od un simbolo romboidale in prossimita` del riferimento per la messa a fuoco: questa e' la ‘correzione di rotazione' della ghiera di messa a fuoco per avere a fuoco un soggetto che riflette una radiazione infrarossa. Per mettere a fuoco correttamente un panorama (fuoco ad infinito) dovremo far corrispondere il simbolo ∞ NON con la riga centrale di messa a fuoco ma con il puntino (rosso o bianco) posto a fianco ad essa.

In questi casi anche se l’ottica non e’ stata disegnata specificatamente per l’uso in IR e' stata certificata anche per avere una buona riproduzione nell'infrarosso. La correzione della messa a fuoco per l’infrarosso non e’ una costante valida per tutte le lenti ma varia da lente a lente in base disegno ottico specifico.

In caso di AUTOFOCUS, per le ragioni spiegate più avanti nella parte approfondita sulla messa a fuoco, non sempre l’AF sara` in grado di lavorare in modo corretto anche se abbiamo visto che nella maggioranza dei casi si ottengono discreti risultati.


Spiegazione approfondita

Quello della messa a fuoco e’ il problema più grande nella fotografia ad infrarossi anche perche` e’ quello sul quale si introducono una serie di variabili che non sempre e’ facile analizzare. In quello che segue cercheremo di introdurre i concetti base in modo semplificato, chiedendo preventivamente scusa agli esperti di ottica.

La luce visibile e’ composta da un’interminabile sfumatura di colori che vanno dal violetto al rosso. Per poter rappresentare il fenomeni che si incontrano quando un raggio di luce attraversa una lente, per semplicita` prenderemo in considerazione i tre colori che permettono di suddividere lo spettro della luce visibile in tre zone: BLU, VERDE, ROSSO.


Il VERDE e’ situato circa il centro della gamma, mentre il BLU ed il ROSSO rappresentano rispettivamente il limite inferiore e superiore. Dopo il BLU abbiamo il viola e l’ultravioletto mentre dopo il ROSSO abbiamo l’infrarosso.

Quando un raggio di luce attraversa una lente e’ soggetto ad un fenomeno chiamato aberrazione cromatica assiale che in pratica e’ una deviazione di una porzione del raggio di luce in modo diverso a seconda del suo colore. Se questo difetto non e’ opportunamente corretto allora si introducono dei problemi di messa a fuoco perche`, posto che il verde sia messo a fuoco sul piano corretto, avremo il blu che mette a fuoco su un piano piu` vicino alla lente ed un rosso su un piano piu` distante.


Fenomeno di aberrazione cromatica assiale


Quando si progettano delle ottiche per la fotografia vengono presi in considerazione tutti questi fattori e, visto che lo scopo principale di un obiettivo e’ quello di permetterci una messa a fuoco corretta, si effettuano opportune correzioni per fare in modo che il BLU, il VERDE ed il ROSSO focheggino esattamente sullo stesso piano.



Correzione dell’aberrazione cromatica assiale tramite doppietto acromatico


Per non incidere inutilmente sui costi e non complicare la realizzazione durante la fase di progettazione di un’ ottica si effettuano le opportune correzioni unicamente per lo spettro di luce interessato che normalmente corrisponde a quello visibile.

Esistono comunque anche degli obiettivi espressamente progettati per la ripresa nel campo degli ultravioletti (UV-Nikkor 105mm f/4.5) o degli infrarossi, ma la loro resa al di fuori della loro gamma e’ fortemente penalizzata. Per capire come variano le aberrazioni cromatiche in base alla porzione di radiazione luminosa, tipologia di vetro utilizzato e angolo di incidenza, suggerisco di dare un’occhiata all’ottima ed esaustiva dimostrazione interattiva a questo indirizzo .

Esiste anche una seconda aberrazione cromatica, quella laterale, che prende il nome dal fatto che avviene al di fuori dall’asse ottico, il cui risultato e’ quello di modificare le dimensioni relative dell’oggetto fotografato. La trattazione e’ alquanto complessa ma anche questa aberrazione cromatica e’ direttamente proporzionale alla lunghezza d’onda, e quindi piu’ facilmente si presenta quando si fotografa in IR se la lente, come e’ in pratica il caso, non e’ stata opportunamente corretta anche in questo intervallo di frequenze (in pratica la correzione della aberrazione cromatica laterale e’ alquanto complessa anche in luce visibile).




L'alternativa: modificare la fotocamera per l' IR


La rimozione dell’hot mirror implica la scelta del filtro da mettere in sostituzione. Ad esempio per impieghi astronomici si sostituisce il filtro interno con un filtro neutro che permette di poter effettuare riprese della volta celeste con risultati a dir poco sorprendenti.

Questa necessita` e’ data dal fatto che si vogliono poter effettuare riprese di una piccola porzione dello spettro tramite l’utilizzo di filtri specifici (H-alpha) per poi fare la sovrapposizione delle singole immagini. In altre parole, si ‘apre’ il sensore a ricevere un grandissimo spettro di luce (dal lieve ultravioletto al profondo infrarosso) e poi si limita drasticamente la banda con un filtro apposito.

Per avere un esempio di come si trasformi la volta celeste in queste lunghezze d’onda suggeriamo una lettura approfondita dell’articolo “Near, Mid & Far Infrared” che troverete a questo indirizzo . Un’eccellente tutorial sulla fotografia astronomica in infrarosso potra` essere reperito a quest'altro indirizzo .

E’ quindi anche possibile rimuovere l’hot mirror e aggiungere un vetro otticamente trasparente davanti al sensore. In questo caso la macchina mantiene la capacita’ di fotografare in luce visibile. Gli svantaggi di questa soluzione sono pero’ non trascurabili:

1. Quando si fotografa in luce visibile e’ necessario mettere un filtro (trasparente) davanti all’obiettivo che tagli le componenti di infrarosso in modo che non giungano al sensore. In pratica si duplica la funzione dell’hot-mirror che e’ stato rimosso. Questo filtro va acquistato, non e’ di facilissima reperibilita’, ed e’ comunque un costo aggiuntivo. Come alternativa al filtro si potrebbe eseguire la profilazione dei colori della fotocamera in modo da riportarli ai valori corretti.

2. Quando si fotografa in IR e’ necessario porre un filtro IR tipo Hoya 72 o B&W 89C davanti all’obiettivo. Questo rende impossibile l’inquadratura e la messa a fuoco attraverso il mirino reflex che a questo punto e’ completamente oscurato.


Curva caratteristica di un filtro da usare in sostituzione nel caso della modifica di rimozione
del filtro interno IR-Cut Hot-Mirror con filtro neutro (reperibile qui )


Quello che abbiamo realizzato nel nostro caso e’ stato specializzare la fotocamera per le riprese all’infrarosso, rimuovendo il filtro al niobato di litio (HotMirror IRcut) e sostituendolo con un filtro IR passa-alto che sostanzialmente lascia passare dai 1000nm fino ad oltre i 1300nm dove comunque anche la risposta del CCD inizia ad attenuarsi.

In questo modo la macchina e’ in grado di vedere tutta quella gamma di radiazioni luminose invisibili all’occhio umano che stanno nella gamma dell’ infrarosso vicino (near infrared, NIR).



Esempio di filtro IRCut


Il vantaggio di questa soluzione e’ che ora non e’ piu` necessario utilizzare un filtro davanti all’obiettivo e quindi la scena inquadrata e’ nuovamente disponibile attraverso il mirino perche` il filtro e’ posizionato direttamente davanti al sensore. A questo punto tutto il procedimento di composizione della foto o della sostituzione delle ottiche e’ notevolmente facilitato.


Sensibilita` spettrale della Canon 350D con il filtro IR-Cut (Author: Chris Buil)


Sensibilita` spettrale della Canon 350D senza il filtro IR-Cut (Author: Chris Buil)


Effettuando la differenza delle due immagini precedenti possiamo evidenziare il notevole
aumento della sensibilta` nella zona dell’ultravioletto e dell’infrarosso
.


Inoltre prove condotte da Terry Lovejoy mostrano che, quando la rimozione del filtro HotMirror-IRCut corrisponde anche a quella del filtro anti-aliasing, il fenomeno del moire` diventa piu` evidente, ma se noi a questo punto sottoponiamo l’immagine ottenuta ad un blando filtro di gaussian blur per rimuovere il moire’ e poi applichiamo ad essa una maschera di unsharp il risultato finale e’ nettamente piu` definito rispetto all’immagine ottenuta dalla fotocamera non modificata.


Terza parte


Se vuoi parlare con noi di questo articolo vieni a trovarci sul FORUM

E' vietata la riproduzione anche parziale di questo articolo senza il consenso degli autori.